giovedì 22 dicembre 2011

Ansia e paura: come liberarsene.

La paura gioca un ruolo chiave nello sviluppo di stati ansiosi che possono sfociare, alla lunga, in forme più o meno gravi di depressione.
La depressione è la perdita di senso, e nella distruzione di senso nulla è piú potente della paura.
La paura trae la sua forza dall'indebolimento del tessuto relazionale.
Il ruolo della famiglia allargata di tipo rurale, dove tutti ci si sosteneva con tutti, è ormai un lontano ricordo, ed ha lasciato il posto ad un occidente di individui sempre piú soli, per cui spesso il vicino di casa è poco più di uno sconosciuto.
La paura può, in questo contesto, manifestarsi sotto molteplici forme: paura di non stare al passo, paura di essere inadeguati, paura della solitudine, paura di avere paura (panico improvviso che porta ad un progressivo auto-isolamento).
Come superare quest'anticamera alla morte spirituale?
Non detengo risposte assolute e sempre valide, ma posso attingere al mio vissuto per elencarvi gli stati emotivi grazie ai quali ho sconfitto la paura fino a non farla più emergere.


Fiducia.
Può essere vista sotto due punti di vista: fiducia nell'energia positiva che permea la realtà e, per i credenti, fiducia in Dio e nella sua sapienza. Tutto ha una motivazione, nulla cade nel vuoto, e l'evento piú negativo può portare ad una rinascita che non credevamo possibile. Affidarsi agli eventi, accettare di non poter aver il controllo su tutto, sperare che un progetto vada bene accettando in partenza che possa andar male pur non comportando la fine del nostro mondo. Questi stati della coscienza liberano la nostra mente permettendole di guardare ad ogni ostacolo con maggior tranquillità e lucidità.


Ottimismo. 
Apprezzare i piccoli progressi di ogni giorno è fondamentale.
Un nuovo compito, un nuovo obiettivo, a volte possono apparire come imprese monumentali.  Non guardiamo la vetta della montagna, altrimenti sconforto e timore di non farcela avranno la meglio. Gustiamo invece ogni nostro passo, apprezziamo lungo il cammino i profumi, le sensazioni, gli incontri. Giunti alla meta ci guarderemo indietro grati di portare per sempre nel cuore il ricordo del bellissimo cammino intrapreso.


Obiettivi, pesi e misure.
Se il nostro obiettivo è lavorare per soldi, per le responsabilità che abbiamo assunto, difficilmente i nostri progetti avranno un duraturo successo che ci consentirà di trarne una piena gratificazione.  Concentriamoci sul valore intrinseco che ha per altre persone un sorriso, una gentilezza o un lavoro ben fatto. Solo così ogni nostra opera avrà sempre un fine significativo (Lc 12:31)

Visione ampia della realtà.

Quando un evento negativo percuote la nostra anima cerchiamo di dedicare sempre una parte della nostra attenzione a ciò che ancora abbiamo di cui essere grati: una telefonata, una parola di conforto, un gesto d'amicizia, un buon pasto, il vento tra i capelli.


Liberazione dal giudizio.
Potrà sempre capitare di commettere degli errori, di essere inadeguati rispetto ad una mansione assegnataci, di essere preda di un attacco di panico in un momento inopportuno. Perdoniamoci e non diamo peso al giudizio altrui. La stima delle proprie qualità parte dall'accettazione dei propri limiti. Liberarsi dal giudizio permette di affrontare ogni nuovo compito  con serenità,  consentendoci di portarlo a termine al meglio delle nostre possibilità.


Modifica della propria visione della morte.
"La morte fa parte della vita e questa è la sola certezza che abbiamo sin dalla nascita". Morì con queste parole il nonno di un mio caro amico, parole che fanno eco da sempre come assoluta verità.
Il nostro stato materiale non ci consente di vedere alla morte che come all'ultimo stadio dell'esistenza. In realtà dobbiamo sempre ricordare che 'quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla' (Lao Tse).
Chi non ha paura della morte affronta la vita con molte meno paure.

mercoledì 7 dicembre 2011

Malattie psichiche: il gap del sistema sanitario nazionale.

Ho dovuto vivere un episodio psicotico, con deliri e allucinazioni, per poter beneficiare dell’assistenza sanitaria gratuita.
Sono stata otto notti senza dormire, intendo senza chiudere occhio nemmeno per qualche minuto.
Il crollo è stato inevitabile. Un crollo verticale che mi ha scaraventata in un posto da dove è quasi impossibile risalire.
Conosco una moltitudine di persone che vivono al limite, sulla linea di confine che le separa dalla follia.
Alcune possono permettersi una seduta alla settimana che costa loro tra i cento e i centocinquanta euro cadauna. Altre non riescono a sostenere questa spesa e si trascinano in un’esistenza che prima o dopo le consumerà.
Agli onori delle cronache sentiamo ogni giorno casi di sucidio, o, peggio, di omicidio-suicidio.
Un trafiletto del giornalista dice che da tempo il soggetto era affetto da depressione.
Di chi è la responsabilità?
Perché in una società evoluta come la nostra vi sono esseri umani lasciati senza assistenza e vigilanza adeguata?
Il senso della famiglia è venuto meno da tempo.
Io ho avuto chi si è assunto la responsabilità di farmi ricoverare, di farmi aiutare, ma non tutti hanno questa fortuna.
E anche quando la famiglia c’è spesso viene rimandata a strutture dal costo insostenibile.
E allora, rivolgo il mio appello a chi puo’ e deve fare qualcosa per cambiare il sistema.
E’ il sistema, il vuoto valoriale in cui oggi viviamo, co-responsabile di quest’emergenza. Che si lavori alla prevenzione, all’informazione, alla formazione della famiglia, alla divulgazione di valori diversi dal mero consumismo e dalla pura corsa alla produttività, che il sistema sanitario tratti questi disagi  alla stregua di malattie che possono degenerare fino alla morte, perché chi è co-responsabile non puo’ pensare di lavarsi la coscienza solo ad un passo dal baratro.

Malattie psichiche: il ruolo della famiglia.

La famiglia ha un ruolo fondamentale nella guarigione di un malato psichico.
La cosa che i familiari possono e dovrebbero fare è esimersi dall’esprimere consigli e portare il malato a curarsi da medici specialisti.
La famiglia puo’ supportare il malato attraverso amore e pazienza. Non puo’ e non deve aggiungere colpe, fomentare la sensazione di inutilità e di impotenza, aggiungere negatività alla negatività.
La famiglia deve trasmettere speranza e fiducia.
Come scritto nel post “il primo passo per la guarigione” queste malattie non hanno il dovuto rispetto e riconoscimento come tali. Non incolpereste mai vostro figlio per una malattia al fegato. Perché mail allora dovreste accusarlo di star male psicologicamente?
Spesso sono proprio mancanze a livello affettivo che inducono in soggetti particolarmente sensibili l’insorgere di questi disagi.
Conosco molte persone che soffrono di depressione, in maniera piu’ o meno grave; tutte o quasi hanno subito carenze affettive sin dall’infanzia. Abbandoni, morti premature di un genitore, mancanza di stima nel sistema familiare, mancanza di amore. In età adulta questo si tradurrà nel non aver avuto esempi cui attingere per la creazione di relazioni affettive durature, con la conseguenza di vuoti alla lunga insostenibili.
La depressione spesso è quindi un prodotto dell’egoismo, o, se vogliamo, un prodotto di chi crede che l’essere umano per vivere abbia bisogno solo di un letto e di un piatto caldo.

domenica 27 novembre 2011

Depressione: il primo passo per la guarigione

Non si tratta del passo risolutivo, ma del punto da cui partire perchè il percorso terapeutico abbia successo.
Si tratta dell'accettazione del proprio stato di persona malata e bisognosa di cure.
Abbiamo appreso dalla società che le malattie mentali, ed in special modo depressione, ansia, attacchi di panico e similari, sono le malattie dei deboli, le malattie di coloro che non hanno sufficiente forza di volontà per reagire. 
In realtà far muro con la forza di volontà a questi malesseri non fa che alimentarli.
Provate a dire ad una persona con l'influenza di alzarsi in piedi e partecipare ad una maratona.
Ci sentiamo forse in colpa se siamo influenzati?
Ci vergognamo di questa debolezza di fronte a noi stessi?
No.
E allora accettiamo anche di poter avere altri limiti, altri punti deboli, perchè è da lì che verrà la nostra forza.
La verità è che è la società stessa che ha contribuito attivamente con la sua corsa a farci cadere e che oggi ci declassa come deboli.
Bene, allora io vi dico: ammettete a voi stessi di essere stati troppo forti per troppo tempo.
Ammettete a voi stessi di dovervi fermare per poter curare la vostra anima.
La depressione è il flagello dell'occidente perchè l'essere umano non è stato creato per vivere in solitudine, nè per vivere secondo ritmi imposti da uno stile di vita contro natura.
Fermatevi.
Abbandonatevi alla malattia, vivete secondo i limiti che essa vi impone.
Osservatela, non evitatela, questo è il solo modo per attraversarla.
Siete malati e avete il diritto di pretendere aiuto, di chiedere tempo, di ritrovare voi stessi.







domenica 20 novembre 2011

A Chi.

A chi ancora si trova a metà del guado,
a chi è nel limbo e non sa come né se ne uscirà. 
Io ho conosciuto il fondo, nessun'altro pensiero fuorchè la morte.
Se per me è stata rinascita la speranza c'è per ognuno di voi.
Alcuni di voi, forse, si sono perduti;
altri sono rimasti incastrati in un'esistenza non riconosciuta come propria.
Che ci si trovi in una o nell'altra posizione,
si tratta di stati che non consentono di gustare la propria vita con pienezza.
Dal profondo del cuore sono con voi,
dal profondo del cuore dedico a voi tutti questo primo post.
Cloe J.