lunedì 22 luglio 2013

Il valore della Fiducia

Dalla mia esperienza con la depressione ho imparato a non aver paura.

A volte accade che mi faccia prendere da pensieri pessimistici. Poi però ricordo dove sono stata, che cosa ho visto quando avevo perso la fiducia nella vita e a cosa la mancanza di fiducia mi ha condotta.

Nonostante ciò è stata la fiducia a non mollare me. Le mie predizioni catastrofiche non si sono avverate e la natura mi ha mostrato come, anche nel peggiore degli eventi, esiste sempre una motivazione profonda, una sapienza di cui ignoriamo spesso l'esistenza.

E' la sapienza della natura, del ciclo della vita. Eventi che a noi esseri umani sembrano negativi in realtà non lo sono mai nella loro totalità. Vediamo la morte come evento negativo solo perché non conosciamo cosa avvenga dopo. Cataloghiamo come negativo tutto ciò che esula dal nostro controllo ed è condiviso da tutti il fatto che sulla morte non abbiamo alcun potere.

Ma la natura è sapiente. Il nostro giudizio scardina la sapienza della natura. Cataloghiamo, etichettiamo come negativi eventi che invece sono necessari alla nostra evoluzione.

Dalla mia malattia ho appreso più che in una vita intera. Un evento negativo è stato in grado di insegnarmi, di aprire la mia testa, di aprirmi al dolore del mio prossimo.

Sapevate ad esempio che, è un'espressione un po' forte ma lasciate che spieghi, dall'evento più negativo accaduto nella storia dell'essere umano, ovvero dall'antisemitismo, è stata evitata la guerra nucleare?

Ecco la storia: Albert Einstein era arrivato all'equazione a noi tutti nota  E = mc2.

Questo quando era ancora in Germania. Einstein era ebreo e questo portò il premio Nobel Philipp Lenard a mettersi a capo di un movimento che prese il nome di 'scienza tedesca', il quale si prefiggeva il compito di purificare la scienza da ogni traccia non ariana: le teorie della relatività e la meccanica quantistica furono i suoi bersagli preferiti.

Nel 1933 Einstein emigrò quindi definitivamente negli Stati Uniti.

Nell’estate del 1939 due fisici statunitensi di origine ungherese Leo Szilard e Eugene Wigner si recarono a far visita ad Einstein, i due fisici erano venuti a conoscenza che i chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann di Berlino avevano realizzato il processo di fissione nucleare, cioè la divisione in due parti uguali del nucleo dell’atomo di uranio.

I due fisici ungheresi lo informarono però che i tedeschi pensavano di utilizzare questa forma di energia per la costruzione di un’arma molto potente.

Einstein venne a trovarsi profondamente combattuto fra le sue convinzioni pacifiste decisamente avverse al mondo politico e soprattutto a quello militare e la terribile convinzione che se i nazisti avessero realizzato un’arma tanto potente avrebbero potuto ridurre in schiavitù il mondo intero. Si lasciò quindi convincere a firmare una lettera che venne consegnata a Sachs affinché la recapitasse al Presidente degli Stati Uniti.

Nella lettera Einstein spiegava che alcuni recenti lavori di Fermi e Szilard lo avevano convinto del fatto che l’elemento uranio poteva essere usato nel prossimo futuro per la costruzione di bombe di nuovo tipo e di estrema potenza. Roosevelt rispose informando Einstein di aver trovato la sua lettera estremamente interessante tanto da indurlo a costituire una commissione con lo scopo di studiare la possibilità di utilizzare l’uranio per la costruzione di una bomba di nuova concezione.  

Per farla breve. Se Einstein non fosse stato costretto ad emigrare forse non sarebbe mai venuto a conoscenza degli esperimenti tedeschi e la storia avrebbe preso una piega ben diversa.

La natura e la storia sono fatte di cicli. Dove c'è vita c'è morte e poi ancora vita. In alcune culture la morte viene festeggiata come evento grandioso. Questo dovrebbe farci capire come la nostra percezione e la nostra cultura limitino fortemente i nostri giudizi di ciò che è bene e che è male.

Il tao, il karma, ci insegnano che un evento non è mai totalmente negativo o totalmente positivo.

Oggi mi guardo indietro e mi chiedo ad esempio che tipo di persona sarei se mio padre non fosse stato così severo con me. Magari avrei vissuto con più serenità. Ma grazie a questa severità ho imparato a camminare sulle mie gambe. Grazie a questa severità sono in grado di dare il giusto valore alle cose.

Impariamo a fidarci di quanto accade intorno a noi, perché gli eventi inizialmente più dolorosi possono avere risvolti inaspettati.






mercoledì 17 luglio 2013

Qual è la via per l'equilibrio?



Per arrivare ad una conclusione sono partita da lontano.

Ho iniziato domandandomi quale fosse il ruolo del senso di colpa.

Dalle ricerche di Freud sugli aborigeni australiani sappiamo che il senso di colpa affonda le sue radici nel principio dei tempi umani. Inizialmente l'uomo era come tutti gli altri animali. Faceva le cose senza provare alcun senso di colpa. L'incesto non era vissuto come peccato, idem la fornicazione. Poi accadde che dall'incesto nacquero uomini dalle scarse difese immunitarie che morivano anzitempo. Poi accadde che dalla fornicazione veniva persa l'origine dell'essere umano e questo comportava problemi di identità.  E' da qui che ha origine la colpa. Oggi proviamo disgusto fin dalla nascita all'idea di condividere la sessualità con nostro fratello o nostra sorella. 
Si chiama coscienza collettiva. Una coscienza che viene tramandata con il DNA.

La funzione del senso di colpa, quindi, è quella di preservare la vita. Una funzione assolutamente nobile, ma, che se portata agli estremi, può renderci dei giudici impietosi nemici della vita.

I motivi del senso di colpa sono scritti nei dieci comandamenti e nei sette vizi capitali.

Ci sentiamo in colpa se rubiamo, se uccidiamo, se commettiamo atti impuri, oppure se siamo dediti alla lussuria, se ci abbandoniamo alla superbia o all'ira.

I dieci comandamenti sono  la conseguenza estrema dei sette vizi capitali. Non commettere atti impuri è l'esasperazione della lussuria, non uccidere quella dell'ira.

I vizi sono nemici della vita.

Dobbiamo domandarci, per capirlo, cosa accadrebbe se tutti vi si abbandonassero.

Se tutti si abbandonassero all'ira ad esempio avremmo la guerra, che significa distruzione della vita.

Se tutti si abbandonassero alla superbia nessuno più aiuterebbe nessun'altro, e l'uomo da solo potrebbe fare ben poco.

Il vizio è tale solo se portato al suo estremo. Per lussuria si intende appunto questo. Ma l'istinto sessuale è necessario alla vita, senza di lui non si potrebbe procreare.

Stessa cosa vale per l'ira, a volte arrabbiarsi è necessario, ad esempio verso un figlio che prende direzioni  che possono nuocergli.

Anche le virtù se portate all'estremo sono nemiche della vita. Se la castità fosse un valore assoluto porterebbe all'estinzione della razza umana.  Se la carità fosse un valore assoluto nessuno produrrebbe più nulla e alla fine non ci sarebbe più nulla da donare.

Eccomi quindi alla conclusione. La via per l'equilibrio è saperci destreggiare tra vizi e virtù in modo che il frutto finale sia buono.  Se la conseguenza della mia virtù è la sterilità, se quella del mio vizio è la distruzione sto sbagliando qualcosa. Se invece il mio albero regala buoni frutti, frutti di amore, di fratellanza e di vita, la sua radice non  si esaurirà, e anche dopo che me ne sarò andato riecheggerà nel tempo arrivando fino alle future generazioni attraverso la memoria collettiva.  


martedì 16 aprile 2013

Vi svelo la fonte di ogni male.



Ho scoperto qual è la fonte di ogni sofferenza dell'anima e della mente.

Lo sapeva bene il Buddha ma pare che nonostante siano conoscenze note da tempo in molti facciano un'enorme fatica ad interiorizzarle.


Il principio di ogni dolore è l'attaccamento.


Soffro nel lasciare la mia ragazza nonostante con lei sia finita da tempo perché sono ATTACCATO al ricordo che ho di lei, soffro nel dover rinunciare alle ferie o a dover fare altre rinunce su beni non strettamente necessari perché sono ATTACCATO al piacere materiale, soffro di solitudine perché sono ATTACCATO all'idea di come un uomo solo sia un uomo fallito, soffro della paura di morire perché sono ATTACCATO alla vita, talmente attaccato che la paura ne ha preso il controllo in veste di panico.


Essere bisognosi di amore, di vita sono istinti naturali e sani. Ma dobbiamo fare attenzione. 


Un conto è necessitarne per vivere a pieno. Un conto è diventarne schiavi per, appunto, eccessivo attaccamento. Da qui partono le distorsioni:  gelosia, guerra, egoismo, panico.

Sono molto triste. 


Nella scala dei bisogni di Maslow è chiaro. 


In occidente abbiamo soddisfatto i bisogni primari. Ma dal secondo gradino ci siamo persi per strada. Siamo rimasti ATTACCATI ai bisogni primari. Alla materialità. Non siamo più capaci di amare e misuriamo il nostro amore in base all'amore ricevuto come si trattasse di un affare contabile. Abbiamo occasioni di amore ad ogni angolo della strada. Eppure vedo facce tristi. E mi domando come possa essere tanto difficile. 


Anche io sono ATTACCATA. Attaccata all'idea di un pianeta dove si gioisca per il solo fatto di esistere,  di poter godere di cose che ci sono state donate gratuitamente: il sole, il sorriso di un bimbo, il vento, le fusa di un micio. Il di più che vogliamo non ci renderà più felici. La felicità è qui e ora ed è un fatto interiore indipendente dalle contingenze. 


"Chi vorrà salvare la propria vita la perderà. " Il Cristo ci dice che l'attaccamento al vivere inteso come sopravvivenza produce frutti malati. Vivere è amare. E se amo davvero, se vivo davvero non mi interessa sopravvivere, ma vivere a pieno ogni attimo, libero da ogni tipo di schiavitù, anche nei confronti della vita stessa.