mercoledì 17 luglio 2013

Qual è la via per l'equilibrio?



Per arrivare ad una conclusione sono partita da lontano.

Ho iniziato domandandomi quale fosse il ruolo del senso di colpa.

Dalle ricerche di Freud sugli aborigeni australiani sappiamo che il senso di colpa affonda le sue radici nel principio dei tempi umani. Inizialmente l'uomo era come tutti gli altri animali. Faceva le cose senza provare alcun senso di colpa. L'incesto non era vissuto come peccato, idem la fornicazione. Poi accadde che dall'incesto nacquero uomini dalle scarse difese immunitarie che morivano anzitempo. Poi accadde che dalla fornicazione veniva persa l'origine dell'essere umano e questo comportava problemi di identità.  E' da qui che ha origine la colpa. Oggi proviamo disgusto fin dalla nascita all'idea di condividere la sessualità con nostro fratello o nostra sorella. 
Si chiama coscienza collettiva. Una coscienza che viene tramandata con il DNA.

La funzione del senso di colpa, quindi, è quella di preservare la vita. Una funzione assolutamente nobile, ma, che se portata agli estremi, può renderci dei giudici impietosi nemici della vita.

I motivi del senso di colpa sono scritti nei dieci comandamenti e nei sette vizi capitali.

Ci sentiamo in colpa se rubiamo, se uccidiamo, se commettiamo atti impuri, oppure se siamo dediti alla lussuria, se ci abbandoniamo alla superbia o all'ira.

I dieci comandamenti sono  la conseguenza estrema dei sette vizi capitali. Non commettere atti impuri è l'esasperazione della lussuria, non uccidere quella dell'ira.

I vizi sono nemici della vita.

Dobbiamo domandarci, per capirlo, cosa accadrebbe se tutti vi si abbandonassero.

Se tutti si abbandonassero all'ira ad esempio avremmo la guerra, che significa distruzione della vita.

Se tutti si abbandonassero alla superbia nessuno più aiuterebbe nessun'altro, e l'uomo da solo potrebbe fare ben poco.

Il vizio è tale solo se portato al suo estremo. Per lussuria si intende appunto questo. Ma l'istinto sessuale è necessario alla vita, senza di lui non si potrebbe procreare.

Stessa cosa vale per l'ira, a volte arrabbiarsi è necessario, ad esempio verso un figlio che prende direzioni  che possono nuocergli.

Anche le virtù se portate all'estremo sono nemiche della vita. Se la castità fosse un valore assoluto porterebbe all'estinzione della razza umana.  Se la carità fosse un valore assoluto nessuno produrrebbe più nulla e alla fine non ci sarebbe più nulla da donare.

Eccomi quindi alla conclusione. La via per l'equilibrio è saperci destreggiare tra vizi e virtù in modo che il frutto finale sia buono.  Se la conseguenza della mia virtù è la sterilità, se quella del mio vizio è la distruzione sto sbagliando qualcosa. Se invece il mio albero regala buoni frutti, frutti di amore, di fratellanza e di vita, la sua radice non  si esaurirà, e anche dopo che me ne sarò andato riecheggerà nel tempo arrivando fino alle future generazioni attraverso la memoria collettiva.  


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